mercoledì 26 settembre 2007

IL GOVERNO AFFONDERÀ NELLE SPESE DELLA FINANZIARIA


Per capire quale incredibile pasticcio potrà essere la prossima finanziaria, bisogna raccontare l'incredibile storia del piano di tagli della spesa dei ministeri e degli apparati pubblici che Tommaso Padoa-Schioppa aveva programmato per far quadrare i conti. Ma dopo due mesi di tira e molla, non gli è rimasto in mano nulla. È ai primi di luglio che Tps quasi minaccia i suoi colleghi ministri: «Guardate che o qui si taglia con la scure, o si va allo sfascio, visto che in soli quattro mesi non solo non è stato risparmiato niente, ma la spesa si è gonfiata addirittura di un altro l2,5%». E tutti sornioni a rispondergli «si, hai ragione, ti accontentiamo». Difatti a fine agosto arriva la risposta dei responsabili dei dicasteri; una documentazione che, da un lato, prevede una previsione di spesa complessiva che supera ormai i 24 miliardi ma, dall'altro, anche tagli per 5,5 miliardi. Tps è soddisfatto. Ma diffidente, visti i precedenti. E passa le carte al vaglio dei tecnici del Tesoro. Arriva la doccia fredda: ma quali tagli. Qui al massimo si risparmiano, se va bene, 600 milioni perché, per il resto, i tagli sono soltanto giochi e alchimie contabili: c'è chi propone - e non è proprio possibile - di usare la spesa in conto capitale per la gestione corrente, chi si illude di trovare ipotetiche coperture sul bilancio tendenziale. E poi c'è chi ancora - estrema sinistra in prima fila - preme perché si aumentino le risorse: mettendo nuove tasse su Bot e rendite finanziarie. Anche dagli enti locali si è risposto sostanzialmente picche, salvo poche eccezioni, alla proposta di tagliare, in modo congruo, strutture e numero dei consiglieri dei Cda dette public utility. E va ancora peggio sul versante delle istituzioni perché, nonostante tutto il cancan fatto dai giornali sulla casta e dintorni, la Camera dei Deputati ha appena approvata, come nulla fosse, un bilancio che aumenta le sue già spropositate spese di mantenimento.
E cosi è arrivato il momento di tirare le somme. Per mantenere l'indice di crescita programmato nel Dpef e far fronte a tutti gli impegni assunti e già, in gran parte, sottoscritti, occorre mettere sul piatto almeno altri 30 miliardi di euro. Di sicuri, in cassa, ce ne sono 8, quelli dell'extragettito che, per il 90%, vengono dalle nuove tasse della finanziaria 2007. E gli altri 22? Per ora non se ne sa nulla, perché i conteggi che sono stati fatti, dicono i tecnici, sono ancora virtuali. Ed è questa la ragione che ha spinto ministri come Mastella e Di Pietro e senatori di rango come Lamberto Dini a fare un precipitoso passo indietro. Prendendo a pretesto il caso Rai, di cui a loro credo non importi poi così tanto, hanno chiesto una sostanziale verifica di governo. D'altronde, giorno dopo giorno, la coalizione affonda nella palude delle sue sempre più vistose contraddizioni. E rischia di mandare al massacro soprattutto chi ancora cerca di ragionare coi piedi per terra. Le ipotesi ormai sono due. Prima: i centristi e anche alcuni esponenti del costituendo Pd, sempre più angosciati per i sondaggi, fanno fare a Prodi un'altra finanziaria da salasso, in modo da trovare poi una più che valida giustificazione per mandarlo a casa. Seconda: un rimpasto, che è poi l'idea suggerita dal povero Fassino, ex leader alla ricerca di un nuovo ruolo. Ma forse, per realizzare questa seconda ipotesi, è ormai un po' troppo tardi. Gli elettori, sempre che la loro opinione conti ancora qualcosa alla banda di Prodi, non ne vogliono sapere di una nuova edizione dell'Esecutivo che hanno avuto modo di apprezzare. Rappezzare, in qualche modo, l'enorme buco di credibilità aperto da questa politica non pare loro proprio più possibile.

MVB Presidente Ass.Naz. CdL

Nessun commento: