martedì 17 luglio 2007

MARIO DRAGHI: PERCHÉ I CONTI NON TORNANO



http://www.circolodellaliberta.it/scheda_manifesto.php?id=77

In questo articolo uscito il 17 luglio sul quotidiano "Libero", Oscar Giannino parla dell'inesistenza del tesoretto. "Svelata" da Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia, in un'audizione parlamentare. Dopo mesi di cicaleccio del centrosinistra, gli italiani avevano capito che cosa fosse, il "Tesoretto". Non c'entra niente l'opera di ser Brunetto Latini, una volta conosciuta almeno da tutti coloro che leggevano anche superficialmente la Commedia di Padre Dante. No, il Tesoretto dalla T maiuscola era il mitico extragettitto fiscale, raccolto col giro di vite su noi poveri tassassinati da Lorsignori. Una manna sottratta a noi avaracci e miracolosamente riattribuita invece a chi davvero ne aveva socialmente bisogno. Ebbene, il Tesoretto non c'è. Non c'è mai stato. E comunque non c'è più. Se lo sono già divorato, Lorsignori.Ieri il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nella sua audizione parlamentare sul Dpef del governo, l'ha detto senza mezzi termini. Il Tesoretto non c'è. È tutta una panzana politica. In finanziaria, in un comma scritto dai tecnici dell'Economia e giunto in aula al senato senza esami preventivi, proprio per evitare che i parlamentari del centrosinistra continuassero coi loro colpi di mano, c'era scritto con grande chiarezza che l'extragettito fiscale raccolto grazie al più favorevole andamento dell'economia reale e al drastico aggravamento disposto dal governo, avrebbe dovuto essere destinato alla maggior copertura del deficit e dunque del debito pubblico. Ed è per questo (...) che il governatore ieri ha svelato che la bugia sin dall'inizio aveva le gambe corte. (...)Gli esponenti del governo si erano dati un gran daffare, per gonfiare la cifra del Tesoretto. (...) Si va dall'astronomica cifra di ben 26 miliardi di euro, ai 10 che il ministro Ferrero tentava di difendere nell'aprile scorso, ai non più di 5 che (...) Padoa-Schioppa quantificava a inizio giugno. Prima di essere smentito da Romano Prodi in persona, che lo fissò in più di 6 miliardi, e dal ricredersi egli stesso, visto che al Consiglio dei ministri che ha varato il decreto spalmagettito il ministro dell'Economia cambiò idea, e da che era dipinto con una punta di disprezzo come "Mr Calcolatrice" da Guglielmo Epifani, disse invece che «la redistribuzione sociale viene prima dei saldi di bilancio».Senonché (...) in quello stesso decreto il governo è costretto in questi giorni a inserire nuovi emendamenti che in realtà non servono affatto a redistribuire, ma aggravano ulteriormente il prelievo. Come vi spieghiamo su Libero Mercato a proposito delle minori deducibilità per le holding industriali, introdotte per rimediare al pasticcio dell'estensione dello sgravio Irap a banche e assicurazioni che il governo non voleva e Bruxelles ha imposto per evitare improprie distorsioni: ma si tratta di una misura che gli esperti del settore e noi per primi ancora non siamo riusciti a quantificare precisamente, e che potrebbe tradursi in una nuova falcidie per una bella lista di società quotate di primaria importanza, nell'economia italiana.Non la facciamo lunga con particolari tecnici. Andiamo alla sostanza, il Dpef del governo è come ieri l'ha bollato il presidente della Corte dei Conti, Tullio Lazzaro: altroché extra-gettito da dividere tra italiani disagiati, malgrado le massicce nuove entrate disposte, il documento del governo sottostima la spesa pubblica che il governo con la finanziaria ha già immesso nelle condutture delle pubbliche amministrazioni. E il conto, purtroppo, si può già oggi fare. È solo approssimativo, e sicuramente per difetto. Ma se ai 21 miliardi di spesa pubblica ancora da coprire già inseriti in una tabella anodina a pagina 31 del Dpef governativo si sommano i discostamenti di maggior deficit previsti dal governo nel 2008 e 2009 rispetto ai tetti che di rientro erano stati precontrattati con la Commissione Europa da Tremonti (...) il conto che già oggi si può fare ammonta a una cinquantina di miliardi di euro di spesa pubblica, tutti ancora da finanziarie.Non lo scriviamo solo noi, che siamo ingiustamente sospettati di essere pregiudizialmente ostili al centrosinistra e al governo Prodi. Giudizi del tutto analoghi - compresa la quantificazione degli oneri aggiuntivi non dichiarati e da coprire con ancora maggiori entrate - è stata fatta tanto da osservatori considerati autorevolmente "indipendenti", come Francesco Giavazzi, quanto da economisti tradizionalmente e a ragione considerati sostenitori espliciti o quanto meno simpatizzanti del centrosinistra, da Luigi Spaventa all'intero circolo de Lavoce.info, raccolto intorno a Tito Boeri. Lo ha detto il Fondo Monetario Internazionale. Lo ha detto a Bruxelles il commissario agli Affari Monetari, Almunia.È due volte incredibile che questa tracimazione di spesa pubblica aggiuntiva avvenga a fronte di una torchiatura fiscale da record (...) e mentre tutte le branche dell'amministrazione tributaria sono impegnate in una massiccia campagna volta a raccogliere tutto il raccoglibile. Basti pensare al più 53% dei titoli esecutivi precostituiti dal contenzioso tributario nei primi sei mesi dell'anno rispetto ad analogo periodo 2006, in assenza di contraddittorio col contribuente come purtroppo consente l'attuale ordinamento statalista, per il quale prima lo Stato ti mette le mani in tasca stabilendo quanto ha titolo per prenderti, e solo dopo tu contribuente vessato puoi tentare di smentirlo, ma con l'onere della prova ribaltato a tuo carico.Ancora attendiamo di capire quali ulteriori aggravi comporterà al deficit previdenziale la "proposta Prodi" sull'abrogazione dello scalone Maroni. E Dio sa - ma forse neanche lui - quali sorprese tassaespendi potrebbe riservarci la finanziaria prossima, se Prodi resterà sui suoi malfermi appigli. Il governatore Draghi, ieri, già ha detto a quali linee dovrebbe attenersi il governo di un anno prima delle inevitabili elezioni nel 2008. Meno tasse, meno spese. Altroché Tesoretto divorato dalle locuste prodiane.

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