lunedì 11 febbraio 2008
Fini: "Vi spiego la svolta storica. Dopo il voto, un partito unico"
Roma - Presidente Fini, che cosa sarà il Popolo della libertà, un cartello elettorale o un vero e proprio partito?
«Non sarà solo un cartello elettorale, guai se lo fosse. È un progetto molto più ambizioso che nasce da un accordo politico e che troverà la sua consacrazione nel momento elettorale ma dovrà necessariamente svilupparsi dopo. Del resto Berlusconi ha chiarito che coloro che saranno eletti con il Pdl faranno parte di un unico gruppo parlamentare».
Come è arrivata l’accelerazione decisiva?
«L’accelerazione è nata dalla consapevolezza della condizione irripetibile in cui si trovava il centrodestra italiano. Rispetto a qualche mese fa e anche rispetto all’aspra polemica che c’era stata dopo l’annuncio di San Babila erano accadute alcune cose che avevano cambiato radicalmente lo scenario».
Ma cosa vi siete detti con Berlusconi? Qual è stata la scintilla?
«A Berlusconi ho detto: ma se ci fosse la legge elettorale scaturita dal referendum, faremmo la lista unica? Berlusconi mi ha risposto di sì. A quel punto parlando ci siamo trovati d’accordo nel dire che per la prima volta poteva nascere un soggetto politico non calato dall’alto attraverso la scissione o la fusione di soggetti esistenti ma dal basso, nelle urne, per espressa volontà del corpo elettorale. E abbiamo rotto gli indugi».
Come farete a dare un’anima a questa nuova creatura?
«Il Pantheon dei nostri valori è condiviso da tempo. E questo è avvenuto grazie all’esperienza di governo e attraverso i valori del Ppe. Inoltre esiste un manifesto dei valori redatto e firmato da tutti noi. Su questo si è andata a innestare la spinta proveniente dal popolo del 2 dicembre che ci ha fatto sentire indietro rispetto al sentire dell’elettorato».
Che cosa significa affrontare queste elezioni senza il simbolo di An? È preoccupato?
«Innanzitutto da domani sarò impegnatissimo a spiegare al partito che cosa sta accadendo. Ma non sono preoccupato per due ragioni: le identità dei partiti non sono espresse solo dai simboli - se fosse così si tratterebbe di identità assai deboli - ma dai valori e dai principi di riferimento. E da questo punto di vista c’è una sostanziale omogeneità soprattutto con Forza Italia. Inoltre già nel ’96 e nel 2001 la maggior parte dei deputati e dei senatori vennero eletti con un simbolo che non era né quello di Forza Italia né quello di An. Senza contare il referendum che promuovemmo per l’abolizione della quota proporzionale».
An verrà sciolta?
«An dovrà discutere fin dalla direzione di sabato, che sarà allargata a tutti i gruppi parlamentari, della nuova strategia. E se, come mi auguro, ci sarà il via libera, nei primi mesi dell’autunno sarà indetto un congresso per sancire questa decisione e avviare la fase successiva che dovrà portare alla nascita di un vero e proprio partito».
Che cosa farà l’Udc a questo punto?
«Sarebbe davvero grave se gli amici dell’Udc non comprendessero l’importanza di ciò che sta accadendo e non contribuissero a rendere il Popolo della libertà più forte e credibile nei valori e nella sua capacità di governo».
Qual è la sua previsione?
«Confido nella lungimiranza di Pier Ferdinando Casini».
Perché concedete alla Lega l’uso del simbolo e all’Udc no?
«La Lega ha una sua specificità legata al fatto che è presente solo in alcune aree. Il modello che mi viene facile evocare è il modello tedesco con l’alleanza strategica tra Cdu e Csu».
Dal punto di vista organizzativo che cosa accadrà? Ci sarà una sede unica? Perderemo sinonimi giornalistici come Via della Scrofa e Via dell’Umiltà?
«Non bisogna avere fretta. L’importante è avere un progetto politico chiaro e vincente. Poi, per dirla con De Gaulle, l’attendenza seguirà. Fermo restando che ritengo importantissimo affinare la macchina organizzativa».
Come si fa ad esorcizzare il rischio di avere un’Armata Brancaleone, con tante sigle che confluiscono insieme?
«Il semplice fatto che ci sia l’impegno di che entra a rimanere nel gruppo parlamentare unico è una garanzia contro i frazionismi. Inoltre dovrà valere la regola delle decisioni a maggioranza».
Spesso in Italia la confluenza di più partiti in un’unica formazione non è riuscita a produrre la somma delle percentuali. Questa volta che cosa accadrà?
«È vero quello che lei dice ma qui siamo in presenza di uno scenario diverso perché questa non è una lista ma il progetto di un soggetto politico capace di rappresentare oltre il 40% degli italiani. È una accelerazione verso un assetto che se non è bipartitico ci va molto vicino».
(da il giornale)
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